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La Grande Bellezza dell'Italia

A DISTANZA DI 15 ANNI, GLI OSCAR TORNANO A PARLARE ITALIANO

Sono passate 15 statuette da “La Vita è bella” di Benigni per poter rivedere un film italiano vincere l’Oscar come migliore film straniero. A Sorrentino e al suo meraviglioso trionfo con “La Grande Bellezza” non si può che guardare con gioia e, finalmente, con ritrovata fierezza.

Italiani. Popolo di Santi, profeti e navigatori, ieri; di disillusi e cinici osservatori, oggi. All’indomani della grande cavalcata della notte degli Oscar, ci riscopriamo, lo voglia iddio, con gli occhi finalmente aperti per rinnamorarci di quella Grande ed algida Bellezza di cui Sorrentino fa poema (con metrica assolutamente libera e per molti indigesta), quella bellezza italiana e immutabile ab urbe condita che fa da sfondo al suo film. Un film da noi amato e odiato, sui cui ci ha messo bocca chiunque (magari dopo aver intravisto solo un trailer, senza manco sedersi al cinema), senza scorgere manco per un attimo che “La Grande Bellezza” col risultato raggiunto ieri è la più grande, sincera e recente dichiarazione d’amore fatta da un Italiano all’Italia che ama. Un’Italia frantumata, svenduta come un souvenir da due lire, ostaggio a volte di sé stessa e delle sue miserie, ma che resta bella. Bella ed invidiata. Bella di una bellezza traboccante che non basta una vita per assaporarla tutta.

Che i film di Sorrentino piacciano o meno è sacrosanto, ma immaginare oggi che l’asfittico panorama cinematografico italiano non risenta in positivo delle sue creature è villano, oltraggioso nei confronti di chi ha invertito finalmente la rotta del fare cinema Italiano per l’Italia e per chi lo guarda fuori dalle sale del Bel Paese.

“La Grande Bellezza”, come già lo erano stati “Le conseguenze dell’amore”, “Il Divo” e “This must be the place”, è un prodotto capace di rompere con gli schemi del macchiettismo all’italiana che da anni domina le nostre pellicole, un film che parla italiano e che è capace di piacere anche all’estero, senza particolari ammiccamenti.

Sorrentino, nel discorso di premiazione, ringrazia e cita Fellini, una presenza importante ed evidente nel suo film. Sì, perché, nonostante le assolute differenze e distanze sostanziali, “La Grande Bellezza” rievoca quel senso di emozione pura e genuina che era nelle corde del grande regista italiano.

E poi c’è Servillo. Sì, perché finalmente a vincere con Sorrentino è anche un monumentale Toni Servillo, attore da cinematografo assolutamente atipico, con quella sua impostazione recitativa, invece, tipicamente teatrale, che poco può adattarsi all'idea di cinema di intrattenimento cui ci hanno voluti assuefare. Servillo ha un talento enorme a teatro, mutuandolo in gioco recitativo per il cinema, scrive divinamente ed ha un occhio appassionato ed appassionante (è uno dei pochi cui è riuscito di rileggere Edoardo De Filippo) su quello che mette in scena, fornendo nei film di Sorrentino alcune delle sue migliori interpretazioni, assolutamente differenti, agli antipodi (basti pensare a “Le conseguenze dell'amore” o “Il Divo” per capirci).

Quel che resta, nel giorno dopo una premiazione affatto scontata, è il ritratto spietato di questo eterno presente italiano, una palude in cui pascono tutte le fiere della mediocrità per la quale da anni siamo capaci di distinguerci, le sabbie mobili dell’immobilismo italiano la cui unica leva per liberarsene non può che essere quella dell’abbandono totale e sincero a quella grande bellezza di cui Sorrentino ha fatto esercizio per centocinquanta indimenticabili minuti.

Domenico De Felice

Tag(s) : #news dal mondo, #eccellenze italiane