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L'otium...letterario di Sartori

Stavamo aspettando e alla fine è arrivato, perché al peggio non c’è mai fine. Arriva puntuale anche stavolta l’editoriale del politologo Sartori che (stra)parla di cittadinanza e integrazione, politica e fantapolitica, un piatto unico di cui è difficile distinguere ingredienti e sapori.

Sartori è forse in quella fase della vita in cui un intellettuale avverte la necessità di elevarsi al di sopra delle questioni concrete della vita sociale e politica per rifugiarsi in uno spazio privato e dissertare delle più svariate questioni. Gli antichi lo definivano otium letterario, pratica peraltro considerata più che onorevole, ma anche in questo caso bisogna distinguere tra chi proponeva un totale disimpegno dalle questioni politiche e chi, invece, metteva a disposizione la propria esperienza, la propria cultura, per dare un contributo personale alla soluzione dei problemi.  Volendo riportare il tutto ad una lettura più moderna potremmo dire: “ tra il dire e il fare, c’è di mezzo la penna di Sartori”.

Al di là dell’ossessione circa la specializzazione medica del Ministro Kyenge, ancora una volta Sartori pare non avere le idee molto chiare sul significato di integrazione e sul valore sociale e culturale che assume il riconoscimento della cittadinanza. In riferimento alla “battaglia” del Ministro sullo ius soli, Sartori scrive: “ l'integrazione non ha niente a che fare con il luogo di nascita: è una fusione che avviene, o anche non avviene, tra un popolo e un altro. “

Ma l’integrazione non ha nulla a che vedere neanche con la “fusione” tra popoli. Fondere significa unire elementi differenti fino ad ottenere un’unica entità, significa omogeneizzare tutte le parti coinvolte. Integrazione non è omologazione, ma coesistenza e scambio tra culture diverse che insieme lavorano per raggiungere uno stesso obiettivo, come può essere la crescita sociale, economica e culturale di un Paese che a sua volta riconosce a queste persone il diritto di sentirsi parte integrante di esso. Il riconoscimento della cittadinanza a chi è nato in Italia da genitori stranieri non è il presupposto dell’integrazione, ma il compimento di un percorso; significa riconoscere pari dignità a chi ha scelto la nostra Patria come la propria Patria, rispettandone prima di tutto i doveri e poi godendo dei diritti che da essi derivano.

Un’oculista non deve leggere ( o non deve sentirsi obbligata a leggere ciò che Sartori scrive), ma un intellettuale, politologo, non deve sentirsi in dovere di parlare di questioni di cui non riesce a cogliere il vero significato.  

Alberto Sera

Presidente UIM 

Tag(s) : #cittadinanza